Come funziona Venezia? (clicca qui)

Venezia non è solo una scenografia. È anche una città abitata, dove ci sono attività produttive, trasporti e servizi. Ma come funziona il “sistema Venezia”? Come si comportano le maree della laguna? Come sono fatti i rii? E le sponde? Cosa c’è sotto i palazzi? Dove passano i tubi del gas e dell’elettricità? Quali sono i problemi causati da un ambiente così umido?

Regia: Nicolò Scibilia (teodolinda.it), animazioni: pholpo; prodotto da Insula spa, braccio operativo del Comune di Venezia.

Testo per non udenti

Venezia si trova in mezzo ad una laguna, non è mare attenzione, ma un bacino di acque basse separate dal mare da sottili strisce di terra. La laguna si svuota e si riempie di acqua nuova 2 volte al giorno attraverso le 3 bocche di porto. L’acqua entra ed esce 60 volte al mese, 730 volte all’anno.

Venezia è un’isola? Non esattamente: è composta da 124 isole (631 ettari) che sono state via via popolate a partire dal VII secolo dopo cristo. Venezia non è nata da un centro che si è poi allargato ma da diversi insediamenti che si sono uniti tra loro. Le isole principali di cui è fatta erano dei veri e propri centri abitati quasi indipendenti con alcuni elementi comuni caratteristici: la chiesa, il campo e uno o più pozzi per l’acqua. A lambire il campo, di solito, c’era almeno un rio. Se il rio oggi non è visibile significa che è stato interrato in epoche successive diventando così un “rio terà”, cioè un rio coperto e trasformato in percorso pedonale.

I veneziani hanno sempre dovuto conquistare terreno alla laguna e difenderlo dall’acqua. I margini delle isole sono rivestiti di mattoni, in modo che l’erosione non rubi terreno alla città. In molti casi per avere più spazio edificabile sono stati riempiti interi tratti di laguna ma difendere le isole dall’acqua non è per niente facile. Negli anni la protezione in mattoni diventa sempre meno impermeabile e occorre quindi restaurarla: ma come si fa?

Si chiude un tratto di canale, svuotandolo dall’acqua. Quindi si rimuovono i sedimenti che negli anni si sono accumulati nel rio. Nella seconda metà del ‘900 sono bastati vent’anni di mancata pulizia per far si che parecchi rii della città diventassero impraticabili per le barche. La protezione in muratura delle sponde è costantemente aggredita dall’acqua salmastra che tende a sgretolare i mattoni e a sciogliere la malta fra di essi.  Le maree che salgono e scendono ogni giorno e i vortici d’acqua causati dai motori fanno si che i mattoni, ormai liberi di muoversi, si sfilino. Nei casi più gravi bisogna ricostruire interi tratti di parete.  Spesso occorre anche iniettare leganti idraulici all’interno della muratura per risarcire la massa muraria. Quando la malta si dissolve succede qualcosa di ancora più grave: la parete non è più impermeabile, l’acqua penetra e arriva a portare via il terreno dietro ai mattoni.

Le vie cittadine si chiamano calli ma possono avere anche altri nomi: fondamenta ( percorso che affianca un rio), ruga (strada fiancheggiata da negozi), piscina ( terreno paludoso poi interrato ), ramo (laterale di una via principale spesso senza uscita). A volte siccome lo spazio edificabile era scarso era necessario progettare dei percorsi sotto gli edifici (sottoporteghi) oppure rubare superficie alla strada (barcane) senza però restringerne la larghezza.  Alcune strade vengono chiamate “Salizade” (importante percorso cittadino selciato in epoca antica) perché nei secoli scorsi erano le poche ad essere lastricate. Dal XVII secolo le aree pubbliche sono state pavimentate utilizzando masegni di trachite. La trachite è una pietra compatta e resistente ed ha un grande pregio: pur usurandosi rimane ruvida. La trachite però non è eterna quindi periodicamente è necessario restaurare la pavimentazione. Solo i masegni irrimediabilmente deteriorati vengono sostituiti. A Venezia anche il pavimento ha un valore storico.

E’ noto che una dei problemi della città è “l’acqua alta”. Basta una marea superiore al normale per allagare intere aree urbane. Quando si restaura la pavimentazione si eleva la quota nelle zone più represse,  qualche centimetro in più o in meno può fare la differenza fra uscire a fare una passeggiata o il rimanere chiusi in casa.

Venezia è una città antica ma è anche una città moderna e come tutte le città moderne ha bisogno di energia elettrica, acqua, telefono,  gas e illuminazione pubblica.  Ma dove passano tutti i cavi e le tubazioni di queste reti? Proprio sotto i nostri piedi cioè sotto i masegni. Quando si restaura la pavimentazione si coglie l’occasione per  fare ordine tra tutti i condotti di rete e sostituire quelli più vecchi e danneggiati.  In alcuni casi non si conosce nemmeno con precisione il loro percorso sotto la pavimentazione.  E come fanno queste tubazioni a passare da isola a isola? Fanno come le persone.. Usano i ponti.

Venezia non ha un sistema fognario di tipo moderno in gran parte utilizza ancora la rete fognaria storica fatta da cunicoli in muratura detti “gatoli”. Tutte le acqua vanno a finire in questi cunicoli e da questi nei rii. Due volte al giorno la laguna si svuota e si riempie completamente di acqua proveniente dal mare, ripulendo i rii. In molti edifici esistono le fosse settiche cioè vasche dove viene effettuato un trattamento dei liquami tale da rendere possibile in versamento degli stessi nei canali. Il sistema fognario costituito da gatoli e fosse settiche va però tenuto in efficienza. A volte infatti i gatoli si intasano, le acqua reflue bloccate forzano la muratura e rischiano di far crollare interi tratti di muri di sponda.

A Venezia ci sono 438 ponti. Sono indispensabili alla viabilità pubblica perché uniscono le diverse isole di cui è composta la città. Fino al XVIII secolo ponti erano meno numerosi e i veneziani si spostavano soprattutto in barca a remi.

Quando si costruiva un ponte ci si trovava in alcuni casi con il problema di dove costruirlo.  La viabilità di molte isole era ormai definita e spesso gli sbocchi di due canali non coincidevano, per questo motivo alcuni ponti di venezia sono obliqui. Nel caso in cui i l terreno dove poggiano le spalle del ponte non possa essere consolidato si preferisce edificare un ponte in legno molto più leggero di uno in pietra. Un semplice ponte in legno ci fa risparmiare un bel po’ di strada anche se ha bisogno di una frequente manutenzione. Anche i ponti in pietra non sono eterni: le armille si disallineano, si formano crepe, l’atmosfera salmastra aggredisce l’intonaco, i mattoni e le malte, con conseguenze immaginabili.

Gli edifici veneziani sono famosi in tutto il mondo per la loro bellezza e raffinatezza. In più di un millennio i veneziani hanno codificato una serie di accorgimenti per i propri edifici riuscendo a ideare soluzioni ingegnose e adatte al loro ambiente. Lo schema di base del palazzo risale alla casa fondaco cioè la residenza della famiglia mercantile. Il piano terra fungeva da magazzino e luogo di compravendita, il salone al primo piano chiamato “portego” era il luogo di rappresentanza e all’ultimo piano, nel sottotetto, c’erano gli appartamenti della servitù. I principali palazzi hanno mantenuto la stessa struttura di base. La vita cittadina e lavorativa si svolgeva principalmente in barca ed è per questo che la facciata principale della casa fondaco dava sul rio e non sulle calli interne. In molti casi i palazzi avevano più di tre piani ma lo schema tripartito di base era il medesimo. Il portego, spesso riccamente decorato, attraversava da parte a parte il piano nobile e aveva ai lati due ali più strette divise in stanze. I piani erano collegati da un ingegnoso sistema di scale incrociate, in questo modo la servitù e la famiglia avevano due ingressi e due percorsi interni all’indipendenti . Alcuni punti di scambio consentivano, se necessario,  il passaggio da un percorso all’altro.

Ma come fanno edifici così monumentali a stare in piedi su un terreno fangoso e instabile come quello delle isole della laguna? Prima di edificare i muri affacciati sul rio i veneziani infiggevano nel terreno pali di legno in modo da costiparlo e renderlo più solido. Quindi appoggiavano 2 ordini di tavole di forte spessore e uno strato di blocchi di pietra. Da qui elevavano i muri di fondazione. Con un piccolo sforzo di fantasia non è difficile pensare a Venezia come un bosco a testa in giù.

L’edificio era concepito in modo da potersi muovere adattandosi ai cedimenti differenziati del molle terreno sottostante. Si può immaginare un palazzo come una scatola nella quale le pareti e solai non sono rigidamente incastrati al perimetro. Tra le murature non ci sono vincoli rigidi e le pareti sono solamente appoggiate in modo da consentire il movimento relativo delle singole parti. I muri portanti degli edifici sono quasi sempre perpendicolari ai rii, in questo modo sono gli unici muri veramente portanti cioè che sostengono i carichi dei solai. La facciata invece non ha funzione di muro portante quindi il risultando scarica può essere traforata con molte aperture facendo entrare la luce nell’edificio.

Oggi osservando alcuni edifici si può notare come i muri perimetrali siano leggermente inclinati verso l’interno. I muri infatti in casi di cedimenti invece che aprirsi verso l’esterno tendono ad appoggiarsi al tetto e ai solai evitando dissesti. Le strutture di copertura contribuiscono a chiudere la scotola costituita muri e solai.

I solai e le coperture sono di legno, materiale leggero ed elastico che resiste senza spezzarsi alle modificazioni della geometria dell’edificio. I solai al momento della costruzione o nei secoli successivi sono stati agganciati ai muri con tiranti metallici i quali si oppongono al collasso verso l’esterno del perimetro murario. Però con il trascorrere del tempo i tiranti possono provocare danni alle murature perché il metallo arrugginisce e la ruggine aumenta di volume rompendo la pietra utilizzata come testa del tirante.

In tutte le città l’umidità è uno dei problemi più gravi per gli edifici e a Venezia ancora di più. Il vapore acque salmastro infatti, a lungo andare, degrada i materiali di costruzione.

La più dannosa per gli edifici in muratura di laterizio è l’umidità di risalita. Un muro non è molto diverso da una spugna e assorbe dalle fondazioni l’umidità tramite i sottilissimi canali da cui è attraversato. A rendere la situazione ulteriormente dannosa sono i sali. Questi risalgono la muratura disciolti nell’acqua che poi evapora. Il sale invece si cristallizza aumentando di 12 volte il suo volume sgretolando i mattoni. Anche le travi dei solai risentono dell’umidità perché l’acqua favorisce l’aggressione del legno da parte di funghi e batteri. L’antidoto tradizionale era inserire nella muratura dei blocchi di pietra d’Istria. Questa pietra di origine calcarea ma molto compatta fungeva da barriera all’umidità di risalita, oggi però il livello di acqua è più alto e lambisce i palazzi oltre la linea di pietre posizione, scavalcandole e  riproducendo il problema. Ci sono molte soluzioni a questo problema come non intonacare la parte solitamente soggetta a questo fenomeno permettendone una maggiore traspirazione. Altra soluzione è il “taglio dei muri”, che può essere di tipo fisico, inserendo una membrana impermeabile capace di arrestare la risalita dell’umidità oppure di tipo chimico iniettando cioè resine che saturano la porosità della muratura annullandone così  la capacità di assorbimento.

L’umidità , l’erosione e il terreno cedevole sono tutte peculiarità della laguna con le quali i veneziani sono sempre dovuti confrontare. Per continuare ad abitare in un ambiente così mutevole essi hanno saputo adattarsi ai cambiamenti e rispondere all’inevitabile degrado con una manutenzione costante e un buon uso della città.

Venezia è quindi il risultato di 1500 anni di  formazione continua del proprio paesaggio urbano, solo così attraverso una cura costante, si è conservata nei secoli scorsi e continuerà a conservarsi nei secoli a venire.

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